Le proteste contro l'accordo di Amazon e Google con Israele non si fermano

Due attivisti hanno interrotto una conferenza di Amazon per contestare un contratto di fornitura di servizi cloud stretto dai due colossi e il governo israeliano. È solo l'ultima azione dimostrativa organizzata negli ultimi mesi
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Il logo di Amazon all'esterno della sede centrale dell'aziendaArtur Widak/Anadolu Agency; Getty Images

Mercoledì 26 giugno due attivisti hanno interrotto l'Amazon Web Services (Aws) Summit a Washington per protestare contro il progetto Nimbus, l'accordo per la fornitura di servizi di cloud computing da 1,2 miliardi di dollari stretto dal colosso e da Google con il governo israeliano.

La protesta, iniziata durante il discorso del vicepresidente globale per il settore pubblico di Aws Dave Levy, è l'ultima di una serie di recenti contestazioni che hanno preso di mira il progetto.

L'ultima contestazione contro Amazon

Il primo attivista, che a giudicare da un video condiviso con Wired US sembra essere un giovane, è salito su una sedia sventolando una bandiera palestinese e chiedendo la chiusura del progetto Nimbus. "Dave Levy, perché Amazon ha stipulato un contratto con un governo che secondo tutte le principali organizzazioni per i diritti umani è uno stato che impone l'apartheid? – ha urlato il manifestante –. Perché Amazon sta fornendo servizi cloud a un governo che sta commettendo un genocidio e il crimine di apartheid?".

L'uomo è stato prontamente scortato all'esterno della sala dove era in corso la conferenza dalla sicurezza e da due agenti di polizia. Ma poco dopo una seconda giovane attivista è salita a sua volta su una sedia per sventolare uno striscione con la frase "Lasciate vivere Gaza".

"Quarantamila morti, Dave Levy – ha urlato la donna –. Hai le mani sporche di sangue [per colpa della] tecnologia che alimenta il massacro indiscriminato dei palestinesi! Puoi sviluppare la tua tecnologia a fin di bene, ma sta alimentando un genocidio! Come ti senti a sapere che il genocidio si basa su Amazon?". Anche la seconda attivista è stata subito accompagnata all'esterno della sala dalla sicurezza.

Sia Human Rights Watch che Amnesty International hanno dichiarato che Israele si sta macchiando del crimine di apartheid. Da quando il paese ha iniziato la sua campagna militare su Gaza lo scorso autunno, sono morti più di 39mila palestinesi, tra cui più di 15mila bambini, stando ai dati del ministero della Sanità palestinese. L'offensiva israeliana è iniziata a seguito dell'attacco sferrato da Hamas nel sud di Israele il 7 ottobre, che ha ucciso più di 1.100 israeliani.

Israele è attualmente accusata di genocidio dalla Corte internazionale di giustizia nell'ambito di un caso presentato dal Sudafrica. A maggio, la Corte penale internazionale ha spiccato mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa Yoav Gallant, il leader di Hamas Yahya Sinwar e altri due funzionari di Hamas, tutti accusati di aver commesso crimini di guerra. Israele ha ripetutamente negato le accuse di genocidio e altri reati.

I due attivisti che hanno interrotto l'evento di Amazon rappresentavano No Tech for Apartheid, una coalizione formatasi nel 2021 per protestare contro il progetto Nimbus. Il gruppo è composto da persone che lavorano nel settore tecnologico, oltre che da rappresentati del movimento di base musulmano MPower Change e del gruppo ebraico antisionista Jewish Voices for Peace.

In una dichiarazione diffusa dopo la protesta, No Tech for Apartheid – che si oppone al progetto Nimbus dal 2021 – ha affermato che il fatto che Google e Amazon abbiano deciso di portare avanti il contratto "nel bel mezzo di questo genocidio rappresenta un nuovo livello di orrore". Amazon non ha risposto immediatamente a una richiesta di commento da parte di Wired US.

L'ondata di proteste contro Amazon e Google

No Tech for Apartheid ha guidato diverse proteste importanti negli ultimi mesi. A marzo, Eddie Hatfield, membro del gruppo e all'epoca ingegnere del cloud di Google, aveva interrotto l'amministratore delegato di Google Israele durante Mind the Tech, una conferenza sponsorizzata dal gigante e dedicata all'industria tech israeliana. Hatfield era stato licenziato pochi giorni dopo l'episodio.

Ad aprile, i dipendenti di Big G avevano organizzato un sit-in negli uffici dell'azienda a New York e a Sunnyvale, in California, in concomitanza di una serie di proteste all'esterno degli edifici. In quell'occasione, nove dipendenti dell'azienda erano stati arrestati dalla polizia e oltre 50 licenziati. Alcuni delle persone che hanno perso il lavoro hanno poi denunciato Google accusandola di pratica sindacale sleale (il caso è attualmente in corso).

Nelle ultime settimane, nell'ambito di un'altra iniziativa promossa da No Tech for Apartheid, più di 1.100 studenti universitari da oltre 120 atenei americani hanno sottoscritto una lettera in cui si impegnano a non lavorare o fare stage per Google o Amazon finché le due società non rinunceranno al progetto Nimbus.

Questo articolo è apparso originariamente su Wired US.